Avvertenze e modalità d’uso:
leggere a piccole dosi e solo nei momenti in cui ci si sente estremamente felici; altrimenti può provocare astenia, senso di soffocamento, ciclotimia, disperazione e, nei soggetti più fragili, depressione.
Nonostante ciò, resta un romanzo bellissimo. Metafora della cecità morale della società umana disegna la discesa globale dell’umanità in un inferno sulla Terra. Un’epidemia di cecità, il “morbo bianco”, si diffonde a macchia d’olio, non lasciando scampo, se non a una donna, la “moglie del medico”. Questa è senza un nome fino alla fine come gli altri protagonisti, dato che un cieco è soltanto un cieco, privo in qualche modo di individualità e di identità. Sarà proprio lei che ci permetterà di vedere tutte le aberrazioni e le crudeltà dell’uomo contro l’uomo, condotto (o sempre stato) ad una condizione belluina, anche se, in realtà, gli animali ci vedono benissimo e si sono adattati al cambiamento.
La risoluzione rasserenante finale non riuscirà comunque a risanare lo squarcio, ormai aperto, su uno stato di “non vedenti” degli uomini, sul loro assopimento della coscienza.
Un’ultima nota sulla lingua.
Ho trovato assolutamente accessorio, ridondante e dunque fastidioso lo scardinamento della punteggiatura tradizionale. Come esercizio di stile, mi sono permessa di riscrivere un suo testo, inserendovi solo alcuni segni di interpunzione. Noterete che la lettura ne risulta favorita e non si priva di originalità la scrittura di Saramago. Detto ciò, persino con questa punta di dissenso, il mio giudizio complessivo non cambia.
“Allora qualcuno gridò, Cosa stiamo a fare qui, perché non usciamo, e la risposta, proveniente da questo mare di teste, richiese solo quattro parole, Ci sono i soldati, ma il vecchio dalla benda nera disse, Meglio morire sparati che bruciati, sembrava la voce dell’esperienza […]”
“Allora qualcuno gridò: – Cosa stiamo a fare qui? Perché non usciamo?
E la risposta, proveniente da questo mare di teste, richiese solo quattro parole: – Ci sono i soldati!
Ma il vecchio dalla benda nera disse: – Meglio morire sparati che bruciati. – sembrava la voce dell’esperienza […]”