Come si riconosce l’Arte in letteratura? La domanda delle domande.
Non sono un critico letterario, ma è un problema che mi è interessato parecchio, soprattutto da studentessa. Per il passato ci aiutano i grandi studiosi che hanno in qualche modo “canonizzato” la letteratura per quel che ne conosciamo, ma per gli autori contemporanei?
Io, personalmente, mi baso su alcuni criteri per esprimere un giudizio un po’ più serio del “bello” o “mi piace”. L’opera deve:
1° “divertire e meravigliare”, il motto di Calvino, in cui il concetto di “divertimento” deve essere inteso come arricchimento dello spirito, un solletico, un prurito che ti induca alla crescita intellettuale, alla riflessione;
2° continuare il gioco della “cuna di spago”; come spiegato da Gombrich, ogni autore continua un lungo dialogo cominciato con gli scrittori che lo hanno preceduto, da cui ha tratto ispirazione e nutrimento, portando l’innovazione del suo sguardo, del suo stile, proprio come il gioco della culla (più comunemente eseguito con un elastico), in cui il primo segue un modello, ma il secondo inserisce una modifica e così via;
3° contenere delle invarianti storiche, cioè qualcosa che, se letto da un non contemporaneo, la faccia ugualmente comprendere e apprezzare; le invarianti sono di solito elementi ancestrali, comportamenti comuni all’umanità che, se presenti in un’opera, ci fanno subito dire “sì, è vero, l’ho provato, pensato, vissuto anch’io”.
Ma, ripeto, è solo il mio metodo, di una lettrice appassionata e di una scribacchina alle prime armi.