“Rendere più efficace il Frontex al fine di applicare correttamente le politiche di respingimento.” Questa in soldoni la sintesi di quanto dichiarato dal nostro vice premier Alfano per evitare altre tragedie del mare.
A un ascolto distratto, potremmo rassegnarci al solito discorso in politichese, ritenendolo poco chiaro e dettagliato, ma tutto sommato ragionevole.
Ma se ne analizziamo il significato in profondità, leggendo il sotteso dietro le parole, se ne trarrà l’unica reazione appropriata. Disgusto e orrore!
Innanzi tutto il “Frontex” è un organismo internazionale che ha tra i suoi obiettivi principali in controllo e il rinforzo delle frontiere esterne all’UE, nonché il rimpatrio dei clandestini. Quindi, sarebbe questa la corretta politica di respingimento? Rinforzare il controllo alle frontiere in modo da non trovarci la patata bollente dei migranti all’interno dei nostri confini territoriali e poterla respingere prima al mittente?
Ipotizziamo allora freddamente il caso specifico di Lampedusa e delle cinquecento persone in un barcone fatiscente, prima che l’incendio e la paura lo facciano naufragare, prima che le lacrime per trecentocinquanta persone (giovani, donne e bambini) annegate ci offuschino la mente. Nel mondo ideale di Alfano (e temo molti molti altri), l’intervento del Frontex è pronto ed “efficace”. Avvista il peschereccio, lo avvisa con megafoni dell’interdizione ad avvicinarsi in acque di pertinenza di Stati dell’UE. Gli scafisti si mostrano accondiscendenti e vengono scortati nuovamente al largo. In questo caso, quei giovani, donne e bambini a rischio di diventare criminali “clandestini” si cancelleranno dai nostri orizzonti visivi e mentali per ripiombare nelle loro “ordinarie” vite di uomini in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla prostituzione coatta… Oppure, secondo scenario possibile, gli scafisti riversano in mare il loro carico umano, ormai economicamente inservibile. Il Frontex in questo caso salva sulla sua imbarcazione un centinaio di persone (non credevate mica avesse una nave da crociera, no?) e il resto annega prima dell’arrivo di altri soccorsi.
Cosa dire, inoltre, della legge Bossi-Fini che definisce reato la clandestinità? Che sarebbe come dire: io non ti permetto di entrare legalmente, ma se tu lo fai illegalmente, sei un criminale. E quale sarebbe il crimine di coloro che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalle sofferenze in cerca di una speranza di benessere? Il sogno, l’utopia, pure appartenuto a migliaia di italiani fino agli anni ’60?
E continuando, coloro che aiutano un migrante, un disperato, un povero possono essere derubricati sotto l’etichetta-reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”? Si può pensare solo per un istante che siano dei criminali quei pescatori che hanno issato nelle loro barche quei centocinquanta uomini che stavano per affogare?
Pensiamo davvero di essere diversi da quegli uomini sol perché abbiamo avuto la fortuna di nascere in Paesi ricchi o benestanti? O non dovrebbe piuttosto l’UE preoccuparsi di creare una vera politica di stabilità sociale nei loro luoghi d’origine, anziché forraggiare governi corrotti e violenti, ma con cui realizzare trattati economici a noi favorevoli?
Cerchiamo di ricordarcelo sempre quando pensiamo a noi e loro e riflettiamo ai demoni dietro le parole : (