Lo scorso anno, essendomi incuriosita sulla scelta dello pseudonimo Saba, dopo vane ricerche in testi critici in mio possesso, ho interrogato una fonte, il rabbino Jacov Di Segni di Roma. Qui di seguito metto il nostro scambio epistolare e le mie conclusioni.
“Buongiorno,
sono un’insegnante di Lettere di Catania, appassionata da sempre della poesia di Umberto Saba. Recentemente, incrociando studi di Piero Raimondi, Gaetano Caponetto, wikipedia e altri, mi è sorto un dubbio proprio sull’origine del suo pseudonimo “Saba” rispetto a “Poli” della sua anagrafe. I più sono concordi nel farlo risalire (con una coincidenza che ha toccato le sue corde più intime e familiari) alla balia Giuseppina Sabaz, slovena, e ad una parola ebraica.
E qui nasce la mia richiesta alla vostra comunità. Alcuni dicono che “saba” (o comunque un suono consimile) venga da “pane”, altri da “nonno” o “persona anziana”. Data la lontananza di questi lemmi in italiano mi sono chiesa come in ebraico potessero essere confondibili e in effetti la mia incertezza è cresciuta nell’apprendere che לחם (pane) si pronunci all’incirca “lechem” (con il ch aspirato), mentre סבא (nonno?) effettivamente sia il “saba” cercato.
Naturalmente, non conoscendo nulla del vostro interessante idioma non ho esclamato un eureka, perché potrebbero esserci sfumature di significati o omofonie che abbiano spinto tali studiosi ad esprimersi in tal senso.
Spero, quindi, che vorrete concedermi il vostro parere dirimente a tal proposito.
Vi ringrazio anticipatamente
Cordiali saluti”
“Buongiorno,
mi scuso per il ritardo con la quale Le rispondo.
Lo pseudonimo Saba potrebbe avere affinità con due parole ebraiche, anche se la seconda ipotesi mi sembra poco probabile.
Saba, “nonno”. סבא
Savà (o secondo alcune pronunce Sabà), “abbondanza” riferita al cibo e in particolare ai prodotti farinacei שבע
I termini si scrivono con lettere diverse ma la pronuncia è simile.
Cordiali saluti,
Rav Jacov Di Segni
Ufficio Rabbinico Roma”
Ora, riallacciandoci alle parole senza storia del Debenedetti, proprio questa “Saba” mi sembra, dati questi risvolti, tra le più polisemiche. Tenderei cioè non ad escludere un’ipotesi rispetto all’altra, ma ad accumulare la ricchezza di significati in campo. Il nostro poeta adorando le trite parole e il recupero della loro verità che giace al fondo, avrebbe per l’appunto optato per un termine elementare, alla base della vita (il suo fiore e amore), così antiche e difficili da non banalizzare come “nonno” o “anziano”. Che tale suono saba somigliasse poi ad “abbondanza di pane” o alla sua balia Sabaz (cosa vi è di più profondo e basilare che un legame neonatale?) sarà stata una magnifica coincidenza che sicuramente sarà stata favorevole alla sua scelta.
Il significato principe di nonno, tuttavia, ha un rilievo prevalente e spiegherebbe anche il verso di A mia moglie, “a me che mi sentiva ed era/ vecchio”. Qui il poeta parla del momento di incontro con la moglie Lina: il matrimonio si svolse nel 1909, il che con la nascita di Umberto Poli nel 1883 ci porta ad un’età anagrafica di ventisei anni, che indubbiamente non può definirsi in alcun modo avanzata. Se lo leggessimo nel suo significato più recondito indicherebbe che ha scelto lo pseudonimo Saba proprio perché si sentiva vecchio (colmo di esperienze, stanco, privo di vitalità ingenua e della freschezza giovanile).
Buona lettura e buone riflessioni 🙂