Facendo riferimento al mio precedente articolo sulla crisi “etica” dell’editoria, ecco qui una sorta di “come volevasi dimostrare”.
Non più tardi, per l’appunto, di una settimana da quelle riflessioni, una delle più grandi case editrici italiane, la Garzanti inizia a pubblicizzare come evento mediatico il romanzo d’esordio di una (ex) pornostar: Juliette society di Sasha Grey.
Non entro in merito allo stesso, naturalmente, non avendolo letto. E neppure escludo che una donna che ha svolto questo lavoro possa essere anche una femmes de lettres di grande talento e originalità. Il punto non è questo, quanto piuttosto che un esordiente, magari laureato, ma con una vita “anonima” rischia di non essere degnato neppure di una lettura preliminare. Quest’ultimo, infatti, rispetto al caso precedente avrebbe una minore potenzialità di vendita.
Perché puntare, dunque, sul desiderio di cultura di pochi quando si può solleticare la pruriginosa curiosità pettegola dei più? Vero.
Questa considerazione, tuttavia, nasce da un peccato originale: considerare la letteratura alla stregua di una merce qualunque. Ovvero, se vogliamo continuare a usare termini del marketing è una merce di altissima qualità. Non solo. E’ una merce di altissima qualità che può migliorare il gusto e, perché no, la vita dei suoi acquirenti.
Perdonate il mio refrain, quindi, ma è una questione di crisi etica.
Rendere appetibile questo “prodotto” non significa, perciò, scegliere la proposta di un calciatore o di una (ex) pornostar, ma pubblicizzare bene un libro valido.
Buone letture a tutti : ))