Nabu International – Literary & Film Agency
Secondo il Comitato di Redazione, “Che minchione le formiche!” offre spunti interessanti, come le scene dove il protagonista si rapporta agli umani, ma rischia di sfaldarsi inseguendo troppi filoni. Il problema è che i generi letterari accozzati insieme creano confusione e rischiano di irritare il lettore. Buono l’inizio, con la panoramica sulla banalità del male di tutti i giorni, buono anche il dialogo con Dio, ma appena la scena si sposta a Catania, il gioco tra un realismo spietato (funzionante) e un surrealismo in forma di dialoghi teatrali (non efficace) stride. Andrebbero revisionati anche i personaggi: Maria Elena, la donna del diavolo, dovrebbe essere maggiormente accentuata, mentre l’affresco della famiglia del bambino Savvo strappato dal bene regge nonostante i cliché alla Ciprì e Maresco abbondino (la trovata del set del Mulino Bianco girato nella periferia siciliana è decisamente divertente). In definitiva, l’autrice dovrebbe scegliere un genere, o decidere di fare un romanzo che raccolga, però approfondendoli, tutti i generi. Se l’autrice riuscisse a tenere sempre il tenore del rapporto tra il diavolo e lo strozzino che possiede, ne verrebbe fuori un romanzo insolito e intrigante nel panorama contemporaneo, con una vena humour molto interessante.
Allo stato delle cose, dunque, “Che minchione le formiche!” è, a nostro parere, un romanzo sproporzionato. Ottimo in certi passaggi, inefficace in altri. Non necessita di un editing tradizionale, perché la scrittura è stilisticamente buona, ma va bilanciato e ottimizzato prima di essere presentato a un editore. Si consiglia infine di lasciare perdere l’esoterismo come filo conduttore, e usarlo con grande leggerezza come vassoio per servire lo squallore e la magia della realtà di una città ricca di contraddizioni.
[leggi anche le precisazioni dell’autrice]